Home Nozione di Dio Dio è morto ?
Dio è morto ?
Indice
Dio è morto ?
Basta coi miti
il metodo
il finalismo
In principio
Umanesimo
il nulla
Dio Amore
Dio vivente
Tutte le pagine

 

 

 

 

 

Introduzione

 

E' un itinerario della mente a Dio, lontano dai sentieri dell'assurdo di certa cultura moderna. Ragionare per credere, credere  per continuare a ragionare! La Fede non è soltanto sentimento è anche ricerca . L'intelletto è dono dello Spirito Santo, dono Battesimale.  Esso potenzia la facoltà della ragione che Dio ha creato perchè potessimo offrirgli la nostra risposta consapevole e libera. Egli non voleva una creatura che fosse obbligata ad amarlo, ma una creatura che usando tutti i doni  del creato, ivi incluse le facoltà dello spirito umano, arrivasse a comprenderne l'esistenza fino a lasciarisi avvolgere dal suo Amore,  che nella sua infinita misericordia è venuto incontro all'uomo con la Rivelazione portata dalla sua stessa parola vivente:  Gesù, il Verbo incarnato. Egli ci ha rivelato quei misteri del Dio Vivente che non potevamo dedurre dalla osservazione del creato. Ci ha parlato di Dio in sé e della elevazione dell'uomo alla vita divina trinitaria. Le riflessioni che seguono percorrono però le vie della ragione. Esse sono una versione semplificata, se vogliamo, delle prove della esistenza di Dio. Ogni ragione aperta, anche la più semplice, può in tutta onestà,  seguire la logica delle argomentazioni riportate.Tuttavia la lettura è impegnativa, soprattutto a chi non è abituato al linguaggio metafisico, vi consigliamo di leggerlo, o rileggerlo, avendo un tempo lungo e calmo a disposizione.

 

 


 

 

 

Documenti (cfr. Fonti)

 

 

Dio è morto ?

basta coi miti

 

 

Morto è il dio della fantasia e del  sentimento, del timore servile e dell'amore interessato, dell'esaltazione isterica e del bigottismo manicheo... Morto il dio permaloso e collerico, rivale dell'uomo e nemico del mondo.

Esso anzi, propriamente, neanche è morto perché mai nato, né può esistere che secondo i pregiudizi di una pseudo-cultura, troppe volte asservita ai calcoli di gente senza scrupoli ed espressione di una sensibilità interiore irriducibilmente chiusa ai più nobili interessi dello spirito, alle più ambite conquiste del sapere.

Resta da vedere se sia morto anche il Dio intuito dai primitivi, adorato dai Patriarchi, rivelato da Gesù, predicato dagli Apostoli, contemplato dai mistici, conquistato da Agostino e Tommaso: appunto il Dio della ragione libera e delle anime pure, aperte al mistero dell'esistenza.

 

 

il caso più serio di tutti

 

Naturale campo del pensiero umano è il mondo: dalle più lontane galassie seminate negli spazi cosmici al nostro pianeta e a quanto, da epoche remotissime, si svolge nei domini della natura, dell'uomo, della storia.

Cercare l'ultima spiegazione razionale del mondo significa chiedersi se esso abbia in sé la ragione sufficiente della propria esistenza, cioè porsi il problema di Dio, concepito come Colui che è per se stesso e non dipendentemente da altri, ossia l'Autonomo.

Di livello eminentemente speculativo - sì da eccedere tutti gli aspetti particolari della realtà, colti dai rispettivi rami del sapere - la ricerca di Dio mira alla più alta visione unitaria del mondo, per cui esige che la mente umana si apra allo sconfinato orizzonte dell'essere: la misura della ragione è in tale attitudine; negarla significa uccidere il pensiero, in ogni settore e ad ogni livello dell'indagine scientifica.

 

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

metodo

 

Due i presupposti della ricerca: la realtà e l'esperienza del mondo, quale base positiva del nostro itinerario; la validità e l'applicazione dei supremi principi dell'essere, unici criteri di un'interpretazione oggettiva del reale. Se, astraendo dal mondo, il pensiero muoverebbe dal nulla; rifiutando i principi dell'essere, si perderebbe nell'assurdo.

Dunque, muovo da una realtà (tutta quella accessibile al mio pensiero) già data, che mi stimola a riflettere perché io ne spieghi razionalmente l'esistenza. Realtà ambigua, complicata, enigmatica, stupenda; ossia né interamente giustificata, né interamente ingiustificabile: nel primo caso, non desterebbe alcun problema; nel secondo, non sarebbe neppure pensabile. Perciò, si tratta di una realtà che, pure, deve avere una ragione sufficiente d'essere, esterna o interna che sia, per escludere dal suo seno una contraddizione che la negherebbe in modo assoluto.

 

 

 assurdo di un'evoluzione cosmica ribelle
alle leggi dell'essere

 

 

All'origine di tutti i processi cosmici troviamo la materia quale elemento indeterminato, caotico, privo di vita e di coscienza. Ora, è inconcepibile che, indipendentemente da un Principio esterno, essa abbia potuto evolversi fino ad assumere l'unità e la varietà infinita delle forme che caratterizzano la natura, dall'atomo alla molecola, dal microrganismo all'uomo. Infatti, tale spontanea trasformazione dell'universo urterebbe contro il princpio di causalità efficiente proporzionata, per il quale se il più può dare il meno, il meno non potrà mai dare il più, eccetto che il dislivello tra più e meno (ossia l'eterogeneità nella struttura del mondo) non sia reale, contro l'esperienza; ovvero non si neghi addirittura il principio d'identità e non contraddizione, rifiutandosi di ragionare.

Perciò, Dio, come Principio essenzialmente diverso e superiore alla materia, resta l'unico approdo del pensiero nel tentativo di spiegarsi l'armonia dell'universo e soprattutto il brusco salto che separa la materia dell'uomo con le sue capacità di conquista, la sua storia, il suo destino.

 

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

solo chi pensa agisce per un fine

 

Gli stessi processi naturali appaiono diretti da un finalismo che, specialmente nei fenomeni biologici e negl'istinti animali, raggiunge vertici straordinariamente elevati. Ora, non si dà finalismo che dipendentemente da una mente ordinatrice. Perciò, se questa mente non è dell'uomo, che si limita a constatarlo, molto meno sarà della natura, che non pensa: essa è di una Persona, che trascende la natura e l'uomo. Dio.

 

 

primato della ragione

 

Vana l'istanza che, respinta una Mente ordinatrice, sostiene l'ipotesi del caso per spiegarsi l'ordine del mondo. Seguirebbe che la nostra stessa ragione - che è il non-caso ed anzi l'anti-caso per essenza - essendo anch'essa compresa nel mondo, sarebbe a sua volta prodotta dal "caso"; quindi, radicalmente irrazionale, dominata dall'irrazionalità, portata all'assurdo.

Ciò posto, se non ci fosse una vera "ragione", molto meno potremmo parlare di un vero "caso", mancando una ragione capace di avvertirlo: l'irrazionale non conosce se stesso; solo chi è nella verità si accorge dell'errore.

perciò, la ragione umana, che è in sé o fuori di sé coglie un ordine rispetto al quale è passiva (limitandosi ad osservarlo), non può non arguire una suprema Ragione ordinatrice quale unica spiegazione comprensibile del finalismo del mondo.

 


 

 

al principio era il Verbo

 

Un tempo non ero. Ora, è certo che non posso essermi fatto da me, perché nell'ipotesi avrei dovuto essere e non essere al tempo stesso: essere, per fare; non essere, per esser fatto.

E neppure è da supporsi che i miei genitori (con la lunga catena degli antenati) siano la causa sufficiente della mia esistenza. Essi infatti, guidati da un puro istinti, m'ignoravano del tutto e nulla prevedevano , ad esempio, del mio sesso, della mia costituzione fisica, ecc.: la struttura e le funzioni del mio organismo (per non parlare della mia anima) erano per loro un mistero.


Ora, causa principale di una cosa è solo quella che ne conosce la natura: ogni altro agente si limita ad eseguire e di nulla propriamente risponde, perché diretto da chi, pensando, è l'unico che possa prevedere, predisporre, ordinare.

Perciò, come le generazioni che mi hanno preceduto non spiegano prienamente la mia esistenza, assai meno la spiegherebbe l'ipotesi di un'evoluzione della materia primordiale, priva di qualsiasi luce di pensiero. Dunque, fuori di me e sopra tutti i processi della natura, devo ricorrere ad un Essere pensante, causa prima della mia comparsa nel mondo.

 

 

la verità che tanto ci sublima

 

La mia dignità di persona è fondata soprattutto sulla verità del mio pensiero. Verità che, in ultima istanza, non dipende dal pensiero umano, perché questo non è l'essere; né dipende dall'essere che non è pensiero (appunto l'essere delle "cose"); bensì - ed ecco l'ipotesi di Dio - da quella Sintesi vivente costituita dal Pensiero che è l'Essere (o Essere=Pensiero), perché unico possibile Tipo di ogni verità, ossia capace di fondare la mia attitudine a pensare l'essere e rendere l'essere veramente pensabile. Si tratta di quella Verità assoluta, negata la quale né l'intelletto umano sarebbe una potenza conoscitiva, né l'essere sarebbe conoscibile.

L'esistenza di Dio come Autocoscienza pura che, pensando Sé, fonda la dignità di ogni persona e l'intelligibilità di ogni cosa, è l'unica ipotesi valida contro il pessimismo metafisico che sostiene l'intrinseca irrazionalità del reale, e lo scetticismo assoluto che nega il valore della ragione.

 


 

 

 

 

umanesimo aperto


Vivo, animato dal desiderio della felicità. Felicità consistente nel godimento di tutto il mio bene. Bene, però, che soddisfa tutte le mie aspirazioni, solo se risponde all'apertura del mio pensiero, dovendosi risolvere nel possesso intellettuale dell'essere: ogni altro possesso è nettamente inferiore alla mia vera capacità ricettiva. Io parlo dell'Essere assoluto, ossia in atto, necessario, unico, infinito, il solo che accolga in sé tutto il pensabile e possa quindi placare l'immensa avidità del mio pensiero.

Ora, se Esso non fosse reale, vana sarebbe anche la mia brama della felicità, ossia resterebbe inspiegabile ed anzi contraddittoria l'apertura del mio pensiero all'essere: dovrei supporre l'intrinseca irrazionalità della ragione, e, per conseguenza, della stessa vita umana e dell'intero universo, che solo nella ragione si conosce e giustifica, si riscatta e sublima.

Perciò: o affermare Dio quale Verità-Bene sussistente, o negare la ragione umana; una ragione che, per ipotesi, sarebbe assurdamente portata alla ricerca di un finito, incapace di saziarla; e stimolata al possesso di un Infinito, inafferrabile perchè inesistente.

 

 

 volontà non autonoma



Sono libero. Ma il mio arbitrio è subordinato alla mia volontà del bene. Volontà che si rivela finalizzata indipendentemente da me, perchè il bene a cui tende è reale solo se risponde ad esigenze della mia natura, rispetto alle quali sono passivo, come lo sono rispetto alla natura da cui scaturiscono: non posso non essere tutto e solo quel che sono.

 

Quale il fondamento ultimo del mio naturale finalismo, quindi del buon uso dell'arbitrio, della rettitudine dei miei atti? - Se finalizzare spetta al pensiero, e se il mio pensiero è passivo riguardo al finalismo della mia natura, devo riconoscere che esso deriva da un Volere assolutamente autonomo, illuminato da una Mente ordinatrice, origine prima della mia natura: appunto Dio, suprema Legge della mia vita.

 


 

 

o Dio o nulla

 

 Un tempo non ero. Dunque, ho cominciato ad essere. Avendo cominciato ad essere, sono stato preceduto dal nulla di me. Ma, dal nulla nulla: nulla ora e nulla per sempre. Dunque, dipendo da una realtà che non solo mi precede, ma deve avermi prodotto all'esistenza; Realtà che in ultima analisi non deve aver mai cominciato, ossia non deve essere stata mai preceduta dal nulla di sé, appunto perché il nulla è radicalmente sterile: la Realtà è eterna, per cui non si è mai dato un solo istante assolutamente vuoto d'essere.

 

Ma la Realtà eterna è Realtà prima, incondizionata, autonoma, dovendo avere in sé la ragione sufficiente della propria esistenza, sì da esistere in sé e per sé, indipendentemente da ogni altro.

 

Ora, può esistere in virtù della propria essenza solo l'Atto puro d'essere: semplicissimo, unico, necessario, infinito, onniperfetto...; vale a dire l'Assoluto-Causa di me e di quanto è compreso nella mia categoria di essere contingente, finito, passivo, imperfetto...

 

Perciò, Dio o nulla, neppure il mondo ed io stesso con le mie esperienze e i miei problemi, la mia ragione e la mia logica, le mie ricerche e le mie ipotesi, i miei dubbi e le mie rivolte.

 

 

 

 

il Mistero

 

 Ma come razionalmente devo esigerne l'esistenza per non precipitare nella più disperata negazione di tutto, così posso concepirne la natura solo attribuendogli ogni perfezione pura e negandogli ogni limite: di Lui so più quel che non è che quel che è. In Sé, nell'infinita pienezza della sua vita, Egli, oggi, mi è "nascosto" ed anzi l'Ignoto, Mistero vivente.

 

Ma proprio per questo, se lo cerco, già lo possiedo; se ne dubito, già ne intravvedo la luce e ne avverto i passi; se non arrivo neppure a concepirlo, posso viverne una presenza che tutto colma; se mi ostino a respingerlo, tradisco la certezza della sua realtà; se ostento di farne a meno, mi obbligo a costruirmene un Altro, cui tutto subordino, sia esso il "mito" della Natura, della Razza, della Scienza, della Tecnica, del Piacere, della Produzione, della Cultura, dello Stato, della Lotta di classe; sia l'idolo del Progresso sociale, della Democrazia, della potenza economica, del Benessere... E "mito" è la stessa "demitizzazione" che tutto relativizza e sconsacra nell'euforica celebrazione di un'Umanità votata ormai alla disperazione e al suicidio.

 

 


 

 
 
 
 
 
 
Mistero di amore

 

Mistero, dunque, il vero Dio; ma, per me, Egli è soprattutto Mistero di una liberalità infinita, che mi trae dal nulla, mi conserva l'essere, condiziona ogni mio atto, fonda la mia libertà, mi avvia alla beatitudine. E ciò anche quando sembra che mi dimentichi, lasciandomi quasi inghiottire nei gorghi del dolore: il male, il più vero e irreparabile, è solo quello della mia volontà che rifiuta responsabilmente il suo unico Bene. Ogni altra presunta sciagura che io possa subire può solo stimolarmi a riflettere sulla mia dignità di persona: il mio netto primato sulle cose comporta che, come il mio ultimo destino eccede tutti i confini dello spazio e del tempo, così qualsiasi perdita di questo mondo dovrebbe lasciarmi profondamente sereno, aperto alla speranza.

 

 

alle soglie del Cristianesimo

 

Mistero di un amore, quello dei suoi rapporti con me, che può spingersi fino ad esaurire tutte le mie possibilità di sviluppo, sì da potenziare la mia natura, dilatarne le facoltà e, così, rendermi partecipe della sua vita, dispormi a conoscerlo ed amarlo come Egli conosce ed ama se stesso.

Se sono aperto a tutto l'infinito pensabile, e se a Dio, Amore inesauribilmente liberale, conviene comunicarsi senza alcun limite, non vedo perché tale mia elevazione non sia possibile.

E' qui che il Cristianesimo s'inserisce come fatto storico della più sbalorditiva irruzione di Dio nel mondo.

Solo la fede può farmi aderire al suo messaggio di salvezza; ma sono sollecitato a credere da una ragione, che proprio valicando ogni suo limite sa di aprirsi a tutto l'essere, di andare incontro a tutto il Bene.

 

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

il Dio vivente

 

 L'uomo, come non ha creato Dio, così neanche può ucciderlo. Non lo creò ieri quando, colpito dalle infinite sciagure dell'esistenza e oppresso dalla prepotente ferocia dei propri simili, reclamava una suprema Giustizia, e non può ucciderlo oggi che ha raggiunto la piena coscienza della propria autonomia nei suoi rapporti col mondo e nella più democratica organizzazione della vita sociale. Le "paure" d'ieri rendevano solo più evidente la sua radicale insufficienza metafisica, più sensibile il suo bisogno dell'"Altro"; le conquiste d'oggi possono solo fargli sperimentare più duramente i propri limiti, più incombente il Mistero in cui si agita, più angosciosa l'ansia di trascendersi.


Il Dio della ragione (e assai puù quello della fede) è vivo quale sovrano Principio e ultimo Approdo dello spirito umano, insaziabilmente avido di Colui che è, ama e si dona al di là d'ogni assurda pretesa di autonomia, contro ogni folle tentativo di rivolta.

 

p. Enrico Zoffoli

Religioso Passionista

 

 

 
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